La Corte di Giustizia
europea ha emanato la sentenza n. C- 59/05 del 23.02.2006, con la
quale ha sottolineato che, ai sensi della direttiva sopra richiamata,
"la pubblicità comparativa è ritenuta lecita ove
essa non tragga indebitamente vantaggio dalla notorietà connessa
al marchio, alla denominazione commerciale o ad altro segno distintivo
di un concorrente o alle denominazioni di origine di prodotti concorrenti".
Secondo l'orientamento giurisprudenziale comunitario prevalente, al
fine di valutare se l'art. 3 bis n. 1 lett. g) della direttiva 84/450
è stato correttamente applicato, si ritiene che l'utilizzatore
di un marchio o di un segno distintivo non viola il diritto al marchio
se avviene nel rispetto delle condizioni stabilite dalla direttiva
84/450, cioè se mira unicamente a distinguere i prodotti ed
i servizi dell'autore della pubblicità da quelli del suo concorrente
e, quindi, a mettere obiettivamente in rilievo le differenze (Corte
Giustizia causa C- 112/99 del 25.10.01).
Inoltre, la Corte ha sottolineato che la pubblicità comparativa
ha anche finalità di stimolare la concorrenza tra i fornitori
di beni e servizi nell'interesse dei consumatori, ed ha altresì
ribadito che i benefici che la pubblicità comparativa presenta
per i consumatori devono essere presi in considerazione in sede di
valutazione della natura, indebita o meno, del vantaggio che l'autore
della pubblicità trae dalla notorietà connessa ad un
marchio, ad una denominazione commerciale o altro segno distintivo,
precisando che il vantaggio che l'autore della pubblicità trae
dalla pubblicità comparativa non può di per sé
costituire un elemento determinante in sede di valutazione circa la
liceità di un comportamento dell'autore della pubblicità
in esame.