Condizionamento e cioccolato
seconda parte

Da quel momento in poi si era consolidata in lei l'avversione totale per il cioccolato, destinata a durare per tutta la vita, dalla remota infanzia, diciamo, fino alla tarda vecchiaia.

Allora Garcia elaborò una sua teoria, sperimentandola con i suoi topi; cioè disse: "questo è giusto, questa avversione si crea, si apprende facilmente perché una nausea e il cibo che la ha generata sono strettamente legati. Sarà la stessa costi però per lutti gli stimoli?"

Cominciò a fare delle esperienze in merito e scoprì, invece, che è molto più facile associare una nausea per un cibo con un cibo, piuttosto che quel cibo con un calcio nel sedere.

Cioè a dire che se voi prendete un topo e gli dato un calcio nel sedere quando ha mangiato una certa cosa, non e che associa tanto facilmente queste due circostanze, cioè si condiziona molto meno, e in molti casi non si condiziona neppure.

Quindi non è vero che tutti gli stimoli possono essere associati, indipendentemente dall'origine e dal loro configurarsi. Garcia ha anche scoperto che la facoltà di apprendere, quella nostra e degli animali (non c'è una grande differenza - da questo punto di vista - tra l'una e l'altra) sono determinate entrambe dall'evoluzione, cioè dalle sfide che l'animale e l'uomo hanno dovuto affrontare nel corso del tempo. Quindi ci sono dei ristretti limiti all'apprendimento, per cui non è vero che voi possiate prendere un bambino e farne un cretino o un genio. No, assolutamente ci sono molti limiti a quello che è il potere del condizionamento. Quindi il cioccolato ha consentito di dimostrare che, in definitiva, gli etologi avevano ragione di pensare che tutto quello che è possibile, che si verifica nel corso dell'evoluzione, condiziona poi la specie successivamente e determina quelli che possono essere i suoi condizionamenti e le sue possibilità di apprendere. Cioè noi apprendiamo sì, ma è in base ad una predisposizione ad apprendere queste cose invece che altre: quindi noi non siamo completamente liberi come Skinner pensava.

Questo costituisce una sfortuna secondo voi? No, forse costituisce addirittura una fortuna, perché l'essere umano non può essere condizionato a far tutto quello che si vorrebbe fargli fare. E oggi vediamo come gli uomini possano essere condizionati ad andare a bombardare la Serbia facilmente: quelli sono indottrinati (e, purtroppo, certamente Lorenz ha una certa ragione a dire che c'è una certa predisposizione nel farsi indottrinare in questo senso).

Però, nello stesso senso, per altre cose siamo invece completamente liberi. Dunque il gioco della personalità umana si attua attraverso questa specie di acrobazia tra ciò che possiamo fare, perché ce lo consente l'evoluzione, e ciò che non possiamo fare, perché l'evoluzione non ce lo permette più; tra quello per cui siamo predisposti - che spesso non è del tutto positivo! - e quello per cui non siamo predisposti e per il quale non ci si può far predisporre.

Quindi, come vedete, attraverso queste frasi contraddittorie (e diciamo anche un po' ossimoriche) cerco di dimostrarvi quanto la natura umana sia problematica. Quindi io devo al cioccolato, per lo meno, di avere dato una mano alla scuola di etologia, di cui io faccio parte, contro la scuola dei behavioristi, perché è servito a dimostrare, attraverso la madre di Garcia, che il dogma del poter apprendere tutto era falso, e, se non falso, almeno molto parziale. Ed in conclusione: che cosa devo dire? Da un lato, non amo il cioccolato personalmente, dall'altro lato gli devo un po' di riconoscenza, per cui lascio giudicare alla Corte, al Pubblico Ministero e all'avvocato difensore, il senso da dare, se positivo o negativo nei confronti dell'imputato, a questa mia testimonianza.


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